Non è tanto il tornare al freddo che mi preoccupa, al lavoro, alla routine, alla città, che a modo suo mi rassicura e mi coccola, ma sono i pensieri che ho lasciato in sospeso, i desideri, le mancanze, i pieni e i vuoti, riprenderli, riconsiderarli, districarli; è questo che mi fa venir voglia di restare qui.
I ragazzi del lago dicono che lassù, tra i monti, in Italia, il vento sia più denso, che abbia un corpo diverso, a parità di misura vale di più in forza. Qui a Soma Bay è tutto più lieve, dicono, il vento è più leggero, meno consistente e anche il paesaggio che scorgiamo dall’auto è così, fine come la sabbia che si sposta in continuazione sotto la sua forza, un Nord-Nord-Ovest che accarezza leggero al mattino presto, per poi rinforzare a mezzogiorno, a frustare la laguna, ad arricciarne la cresta, a mischiarne i colori, a scompigliarmi la testa.
Anche qui il ricordo di te mi arriva inesorabile, noncurante della distanza, ma è rarefatto, confuso, quasi piacevole e trovo divertente tracciarne i contorni con la mente, riunirne i tratti, come se il vento ne avesse svuotato il peso e disfatto la forma come fossi una duna del deserto.
Si entra in acqua, con la tavola e la vela. Null’altro ha più importanza: giù di strattoni decisi all’aquilone per aver la meglio sull’aria, per accelerare l’andatura e subito dopo trovarsi con le mani in alto in segno di resa, per rallentare, per rifiatare, prendere tempo, ragionare. Come in un tango argentino ci si prova a sfidarsi col vento, a volte cedevoli l’un l’altro a volte rudi, rigidi, col corpo in opposizione, violenti e imprevedibili come amanti a lungo separati, una volta belve selvagge pronte ad azzannarsi, l’altra felini mansueti che mostrano il ghigno ma non sfoderano le unghie. In questa danza dalle sorti incerte, fatta di passione, di abbracci, di ritrosie, volteggi e cadute, ti accorgi che ci sta tutta l’essenza della vita. Avere la pazienza di capire quando tocca a te tendere le linee, in maniera risoluta e dolce insieme, perché il vento saprebbe come punirti per eccesso di confidenza, o quando lasciarsi andare, mollare la barra e con la tavola piatta scendere il vento e continuare così, un bordo dopo l’altro, finché ne hai la voglia, finché ne hai la forza.